Più spessi dei capelli d’angelo, più sottili delle tagliatelle, accompagnati da ragù e condimenti ricchi ma anche dal nobile sapore del tartufo: scopri la ricetta dei tajarin piemontesi fatti in casa. E se vuoi prepararli insieme al nostro chef, prenota il tuo evento 2022!
In Piemonte sono considerati un patrimonio da difendere e custodire gelosamente, un piatto della tradizione che si tramanda di generazione in generazione e che ricorda i sapori della cucina delle nonne.
I tajarin (italianizzati in tagliolini o taglierini) nascono nel Piemonte del Quattrocento, tra le Langhe e il Monferrato come piatto rurale della festa, solitamente accompagnato da condimenti ricchi. Stando alle cronache uno dei più grandi estimatori di questo piatto semplice di pasta fresca sarebbe stato re Vittorio Emanuele II che li apprezzava arricchiti dal tradizionale “comodino” un condimento particolarmente calorico composto da rosmarino, salvia, aglio, cipolla, prezzemolo, burro, olio, sedano, lardo, carota, interiora, funghi, pomodoro e vino rosso.
Oggi i tajarin vengono ancora preparati secondo la ricetta tradizionale, tagliati rigorosamente a mano, ma sono diventati un piatto conosciuto a livello nazionale e internazionale grazie alla produzione industriale.

Quante uova mettere? I tuorli d’uovo: l’ingrediente principale
I tajarin hanno solitamente un colore più giallo rispetto alla comune pasta fresca e questa caratteristica è conferita dall’alto numero di uova, pardon di tuorli, che servono per l’impasto.
Se tradizionalmente per fare la pasta fresca si utilizza un uovo intero per ogni etto di farina i tajarin fanno eccezione, anche se su questo aspetto si scontrano diverse teorie e scuole di pensiero. I puristi e gli amanti della tradizione fissano il quantitativo in 30 tuorli per chilogrammo di farina. Ricette più light prevedono circa la metà dei tuorli, al quale vanno aggiunte alcune uova intere.
Lo scopo è quello di ottenere comunque un impasto sottile, elastico e del giusto colore.

La ricetta dei tajarin piemontesi fatti in casa
- Difficoltà: Media
- Preparazione: 30 min
- Cottura: 1 min
- Dosi per: 4 persone
Ingredienti:
- 250 gr di farina 00
- 8 tuorli
- Olio di oliva

Preparazione:
- Creare una fontana con la farina e aggiungere i tuorli con un filo di olio d’oliva e iniziare ad impastare fino ad ottenere un panetto solido ed elastico.
- Inumidire un canovaccio e ricoprire con esso l’impasto che dovrà riposare per circa mezz’ora. In alternativa è possibile utilizzare la pellicola per avvolgere il panetto.
- Spolverare la spianatoia con della farina e stendere l’impasto aiutandosi con un mattarello.
- Una volta che la pasta avrà raggiunto uno spessore di circa 2 mm occorre ripiegarla su se stessa, iniziando dai bordi, per ottenere una striscia.Con un coltello iniziare a tagliare delle strisce sottilissime da 2 – 3 mm di larghezza.
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Se invece vuoi scoprire un altro piatto tipico della tradizione Piemontese prova la ricetta del Bonet della nonna sempre firmata dallo Chef Stefano Buse.
I condimenti dei tajarin
I tajarin vengono solitamente accompagnati da condimenti ricchi come il sugo d’arrosto, il ragù di vitello, i funghi o da una spolverata di tartufo.
Uno dei condimenti tradizionali, adatto solo a stomaci davvero forti è il cosiddetto “comodino” di frattaglie, termine derivante dall’espressione piemontese “Ben comodà”, ovvero “ben sistemato”.
Il comodino si prepara partendo da una base di olio, burro e lardo cui va aggiunto un trito di sedano, carota, cipolla, aglio, prezzemolo, salvia e rosmarino che una volta appassito va bagnato di tanto in tanto con del vino rosso. Su tale base vanno fatti rosolare fegatini di pollo e coniglio, creste, reni, cuoricini e altre frattaglie ricavate dagli animali da cortile.
A questo composto vanno poi aggiunti i funghi secchi ammollati in acqua e della salsiccia disfatta. Nella fase finale vanno aggiunti il vino rosso e la salsa di pomodoro. Il comodino deve essere lasciato cuocere lentamente per ottenere il risultato migliore.

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Stefano Buse

Classe 1995, approda alla cucina dopo le scuole superiori inizialmente come autodidatta. Frequenta la scuola di cucina del Gambero Rosso e inizia a collezionare esperienze in ristoranti di prestigio tra Italia e Francia dove può affinare le sue capacità.
Vanta collaborazioni con gli chef Gianfranco Vissani e Antonino Cannavacciuolo, oltre ad aver prestato la sua opera in diversi ristoranti stellati.
Chef ormai da 8 anni interpreta la cucina mescolando la tradizione e la sperimentazione. Il suo obiettivo è quello di creare una cucina personale che possa combinare insieme le esperienze raccolte negli anni della sua formazione e in quelli da chef.
Stefano, grazie alle sue origini, è anche esperto di cucina spagnola, alla quale si è avvicinato fin da piccolo.