Patate, farina e uova sono tra gli ingredienti di base di questo primo ormai diffuso in tutta Italia. Di varianti ce ne sono moltissime, scopriamole insieme
Sotto al termine “gnocchi” la nostra tradizione gastronomica raccoglie un buon numero di varianti sparse un po’ per tutto lo Stivale. Dai gnocchi piemontesi, con patate e uova, a quelli alla romana con il semolino, dai canederli trentini, passando per i knodel dell’Alto Adige, al gnocco fritto emiliano ai maloreddu o gnocchetti sardi, l’elenco è decisamente lungo.
Tuttavia quelli che interessano a noi, questa volta, sono i classici gnocchi di patate e farina, con la variante più o meno diffusa dell’aggiunta di uova all’impasto. Scopriamo origini, segreti e curiosità di questo primo piatto, considerato talmente povero e contadino da non essere annoverato nei ricettari gastronomici dell’Alta Cucina almeno fino alla seconda metà del Settecento.

Storia e origini del nome? Un prestito longobardo
A sorpresa, studiando le testimonianze storiche, sembra che il nome gnocco derivi dalla parola knodill, ovvero nodo, lasciataci in eredità dai Longobardi durante la loro permanenza in Italia. Effettivamente l’italianizzazione del vocabolo inizia a girare nelle campagne padane all’inizio dell’anno Mille indicando dei bocconcini, o nodini, di pasta preparati con acqua e farina. Ma per arrivare ai gnocchi come li conosciamo noi oggi bisognerà aspettare una carestia…
L’ingrediente segreto degli gnocchi: la patata
Le prime ricette che consigliano l’impiego di patate lessate per la preparazione dei gnocchi compaiono dopo la seconda metà del Settecento, quando questo tubero, sebbene già noto per i suoi impieghi gastronomici fin dal Cinquecento, diventa a tutti gli effetti l’ingrediente alla base della dieta dei popolani. Il motivo? Sembra risalire a una pesantissima carestia che nel biennio 1763-1764 colpì il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, esattamente come era accaduto in Irlanda pochi anni prima. La scarsità di cibo provocò una diffusa speculazione, che contribuì ad alzare i prezzi dei cereali e ad affamare le popolazioni colpite. La patata diventa quindi un “nuovo” pane per i poveri che iniziano a integrarla alle farine sia nella preparazione del pane che in quella di altri piatti.
La ricetta orginale degli gnocchi: la versione di Artusi
Nel Settecento dunque i ricettari iniziano a menzionare le patate lessate come ingrediente alla base dei cosiddetti gnocchi al cui impasto si aggiungevano tuorli d’uovo, panna, prezzemolo, ricotta, burro o strutto. Ma a codificare la ricetta degli gnocchi, più o meno come la conosciamo noi, sarà il grande padre della cucina italiana, Pellegrino Artusi.

Nel 1891, infatti, L’autore de La scienza in cucina e L’Arte di mangiare bene descrive così la preparazione dei gnocchi di patate:
“Cuocete le patate nell’acqua o, meglio, a vapore e, calde bollenti, spellatele e passatele per istaccio. Poi intridetele colla detta farina e lavorate alquanto l’impasto colle mani, tirandolo a cilindro sottile per poterlo tagliare a tocchetti lunghi tre centimetri circa. Spolverizzateli leggermente di farina e, prendendoli uno alla volta, scavateli col pollice sul rovescio di una grattugia. Metteteli a cuocere nell’acqua salata per dieci minuti, levateli asciutti e conditeli con cacio, burro e sugo di pomodoro, piacendovi. Se li volete più delicati cuoceteli nel latte e serviteli senza scolarli; se il latte è di buona qualità, all’infuori del sale, non è necessario condimento alcuno o tutt’al più un pizzico di parmigiano.”
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